Immagine della donna e il costume nel 2023
Questi primi anni venti del nostro secolo, sembrano essere caratterizzati da un pensiero collettivo molto diviso.
Nonostante tutti i tentativi di inclusione e la possibilità di comunicazione fra i popoli sembra che, mai come prima, il mondo intero sia confuso sui valori e sull’idea di civiltà, diversità e democrazia.
Nel 2023 si vedono interagire generazioni diverse negli stessi contesti, non solo, anche culture diverse nei medesimi ambienti familiari. Questo genera, spesso, una certa intolleranza per visioni diverse a riguardo di argomenti, come quello della donna nei contesti collettivi e familiari.
Le sfilate quest’anno raccontano finalmente una storia, quella di donne dalle spalle larghe, ma che sanno camminare sui tacchi.
La storia del costume, del resto, ci insegna che vestirsi è anche espressione di se, non è solo questione di apparenza, nei secoli l’abbigliamento di un popolo ci ha detto molto del loro modo di pensare.
Tornando all’immagine della donna e il costume nel 2023, si capisce che c’è la voglia di sentirsi più forti; che il messaggio finale è
“non piacere a nessuno che non sia te stessa prima di tutto”.
Se indossare abiti oversize ti fa sentire meglio o pantaloni da uomo anziché minigonne, la moda ti capisce. Ma a parte ciò, il messaggio è ben più profondo.
La moda racconta di una battaglia, a volte vinta e poi persa, ma la racconta di nuovo, nel tentativo ogni volta di cambiare questa società sempre un po’ maschilista. Questo lo abbiamo già visto, negli anni 80′ e poi 90′, dove le spalline ed il tailleur, rappresentavano la donna in carriera per definizione.

N.21 A/W 23/24
Che cosa è successo dopo gli anni 90 e fino ad oggi?
L’involuzione culturale ha visto una mercificazione della donna, permessa attraverso la televisione ed i media, non solo, anche la musica e la moda. Per nessun valore etico, ma solo di tipo commerciale. Video e testi, la Trap più diffusa, film e violenza solo per un determinato pubblico.
Molte sono le donne che nel tentativo di affermazione ed accettazione, figlie di una società che non le considera, hanno mollato le redini di una battaglia difficile, resa impossibile anche dalla politica. Abbracciando il più delle volte i percorsi di vita sbagliati.
Quindi, generazioni educate più dai social che da famiglie e istruzione civica.
Contesto familiare ed eredità culturale
Cosa accade quando la donna “con le spalline”, si scontra o si relaziona con uomo che ha formato il suo immaginario femminile solo attraverso la madre e le modelle di Instagram? Magari anche perché non ha mai voluto amiche femmine con cui relazionarsi?
Quando, chi è stato abituato ad avere la meglio, si trova una donna, non più legata al desiderio di famiglia intesa come presenza maschile, ma di carriera e che magari, l’ha già fatta?
La scelta di avere figli senza compagni biologici, risuona oggi in molti paesi europei come un eco, è forse questa un’altra chiave di volta su cui riflettere? In un certo senso, sembra che superata la necessità di uomo inteso come padre biologico o aiuto economico, per molte donne giovani non ci sia più la necessità o la voglia di costruire un’identità classica di famiglia. Si sentono più libere da vincoli culturali ed economici.
La società maschile si divide nelle opinioni, la maggioranza forse è quella che non condivide questo nuovo modello, in virtù della propria identità usurpata e che forse lo teme un pò.
Il risultato sfocia spesso nell’aggressività verso le donne, in qualcosa che non si può più comandare o capire.
Non c’è da stupirsi inoltre che in quest’epoca ci sia una certa libertà sessuale, evocata anche sulle passerelle. Tuttavia naturale se pensiamo alla voglia di cambiamento dei ruoli.
Come mai le donne non vogliono più una famiglia convenzionale.
Alcune donne di oggi non vogliono più essere come le loro madri, forse non vogliono uomini che la pensano come i propri fratelli o i propri padri, mi riferisco quindi all’educazione familiare di contesti diffusi; quelli dove fa tutto lei, mentre sorride e abbassa lo sguardo, timidamente.
Se potessimo tirare giù un grafico, scopriremmo che le donne, rispetto agli uomini, devono quindi affrontare molte più difficoltà nella vita con o senza figli, a partire dalla prima infanzia fino al lavoro. In certi casi già da piccole ci insegnano che mentre noi apparecchiamo, i maschi giocano a carte e tutto sembra una cosa carina, perché magari è un giorno di festa.
Che succede però, se poi questi cugini o fratelli, figli di una educazione simile, danno per scontato che per andare d’accordo in una famiglia, sia tutto a carico della donna: lavoro, stipendio e magari figli inclusi?
Alla fine, se quella donna poi ha l’indipendenza economica e la forza per ribellarsi a tutto questo, c’è da capirla. Non vuole più tutte quelle responsabilità, in un mondo dove gli uomini si sono deresponsabilizzati.
Se bella vuoi apparire un po devi soffrire, ma perché?
Fin da piccole ci hanno insegnato questo proverbio, credo che dentro ci sia qualcosa di malsano, cioè ci sia, quella pazienza innaturale di dover accettare tante situazioni di svantaggio, per piacere o essere accettate come donne, compagne o colleghe.
Gli scontri familiari infine, sono in effetti sempre esistiti, ma oggi la violenza verbale e fisica sembra sostituirsi alla comprensione. Dove la violenza è quella alla quale è ancor più difficile sfuggire, perché si cela dietro la parola Amore, ma è fatta di sensi unici e offese.
Se bella vuoi apparire, non è necessario soffrire: penso che il primo passo per una società evoluta sia quello di insegnare il rispetto e l’equità di genere anche a casa. Soprattutto con il proprio esempio.
Credo che la politica non stia capendo le donne, così come il mondo, che ci vuole vedere solo o come mamme modello o come modelle su Instagram, ma noi siamo molto di più.
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