La moda può davvero essere sostenibile
Domanda o affermazione, questo dipende molto dalla fascia di mercato che si osserva.
I rifiuti sono una questione complicata sia per il mercato medio, in particolare quello del fast fashion, sia per quello del lusso che tradizionalmente incenerisce le scorte invendute per evitare di scontare i prodotti e di screditarne il valore.
Nel prodotto moda consumato rapidamente, si cela ugualmente lo spettro dello smaltimento di rifiuti, in questo caso molto inquinanti, ma senza la stessa gestione dei brand. Inoltre assistiamo anche ad un problema comportamentale che porta l’acquirente a consumare compulsivamente, dando poco valore al bene perché acquistato a buon mercato e divenendo quindi, rifiuto più rapidamente.
Se si parla dei brand del lusso, si parla di soggetti che su questi argomenti si stanno dando da fare, infatti cercano non solo di ridurre le emissioni a effetto serra, come il temutissimo CO2, ma anche di lavorare sulla biodiversità, sulla circolarità, sull’agenda sociale. Il fast fashion è ancora molto lontano da questo.
Per la Commissione economica per l’Europa (dati del 2018) l’industria del fast fashion impiega globalmente 75 milioni di persone, infatti è dovuto soprattutto a questo settore se dall’inizio degli anni 2000 la produzione di vestiti è raddoppiata. Ogni consumatore acquista il 60% di vestiti in più rispetto a 20 anni fa, in gran parte in poliestere, la cui produzione è quasi triplicata, ma li tiene per la metà del tempo.
Secondo Harvard business review, la produzione di scarpe è più che raddoppiata negli ultimi 25 anni ed i prezzi si sono dimezzati, parliamo di una media che vede 3 prodotti su quattro finire in discarica.
Il piano dell’UE prevede di richiedere ai rivenditori di dichiarare come trattano i tessuti invenduti e contempla anche un possibile divieto di distruggere i vestiti invenduti o restituiti. Questo atteggiamento ci fa comprendere quanto il fenomeno dell’inquinamento della moda sia discusso ed ampio il suo braccio di portata in termini ambientali.
Cambiare il modo di concepire il commercio ed il consumo nella moda può davvero fare la differenza in termini pratici. Sono molte le politiche messe in atto dai Brand, ma il vero cambiamento parte dai consumatori e dalle istituzioni che dovranno sempre di più fare luce sulle origini e l’effettiva circolarità dei prodotti.
Emissioni Co2 e prodotti a basso impatto ambientale
Oltre all’impegno dei brand sulla gestione dei rifiuti ,credo che ci sia la grande necessità di educare il consumatore ad acquistare con una testa diversa.
Per fare un esempio, nessuno sa che da un punto di vista di impatto di gas serra, una t-shirt fatta in poliestere ha un impatto medio sul riscaldamento globale tra i 3.8 e i 7.1 kg di CO2, contro gli effettivi 4.3 kg di CO2 per una t-shirt fatta di cotone. (Studio del 2015 del Massachusetts Institute of Technology, pagina 14 del report).
Il peso in CO2 di un prodotto può essere individuato da qualsiasi consumatore, sostanzialmente in due modi, attraverso il sito e-commerce di acquisto, che eticamente dovrebbe riportare il peso di CO2 di ogni prodotto venduto o attraverso app specifiche che ne possono misurare l’impatto. Una start up tutta italiana è quella di MUGO, che consente oltre che di misurare l’impatto CO2 di ognuno di noi sull’ambiente, anche di compensarlo attraverso progetti green a cui si può aderire.
Lavorare sinergicamente per frenare l’impatto climatico è una faccenda seria, che non può riguardare solo le istituzioni, dovrebbe essere un impegno che ogni azienda e consumatore ha ben a cuore per il futuro della specie.
Realizzare un prodotto a basso impatto ambientale
Dal design alla produzione, in modo concreto e misurabile oggi si può.
Per non dover compensare il peso eccessivo di CO2 sui prodotti, è sempre più importante concepire il prodotto sostenibile già dall’idea iniziale. Come designer sono stata abituata ad interpretare il prodotto in base allo stile del brand, a seguire insomma quei criteri che lo rendono coerente con la propria storia o filosofia.
Quello che un designer dovrebbe fare oggi, è unire il concetto di sostenibilità a quello interpretativo, comprendendo che materiali e lavorazioni possono avere un impatto molto diverso fra loro sull’ambiente. Così come la scelta stessa del design, che oggi dovrebbe seguire la parola ottimizzazione.
Possiamo certamente affermare che fino ai primi anni 2000 la moda è classicamente sempre stata collegata a una tendenza, come evidenzia la storia del costume. Potremmo dire che un abito racchiude la sfera dell’individuo e quella della società a cui appartiene, riflettendo uno specifico contesto storico-culturale. Per cui il proprio stile è sì, il risultato di scelte individuali e l’espressione di un gusto personale, ma può riferirsi anche ad un bisogno, una percezione di sé e uno stile di vita.
Diffondere il messaggio attraverso la moda.
Il costume è anche l’indicatore di una condizione sociale, può mostrare l’appartenenza a un gruppo o ad una linea di pensiero. L’abito, la borsa o la scarpa sono il risultato dell’esperienza e del lavoro, richiedono uno studio, una progettazione, abilità e conoscenza operativa in cui c’è anche un livello di invenzione e creatività artistica.
Alla conoscenza delle tecniche esecutive vanno aggiunte quelle dei materiali, delle caratteristiche e della produzione, ma anche quelle riferite alla persona, come le forme anatomiche, le esigenze legate ai movimenti del corpo e alle posture. Ecco perché il grande know-how delle industrie toscane e dei professionisti di questo settore, possono essere adatti allo scopo. Ecco perché la Toscana oggi è il luogo dove tutto questo può iniziare, grazie alla sua filiera.
Come realizzare un prodotto sostenibile
- Avvalersi di partner certificati, effettuare una ricerca stilistica e di materiali che vada in direzione sostenibile, è il primo passo da svolgere per migliorare l’impatto del prodotto sull’ambiente. Un progetto stilistico che preveda la sostenibilità lo rende coerente con il resto.
- Ciò non è ovviamente sufficiente se la politica aziendale segue una direzione diversa, è quindi indispensabile che il progetto sostenibile sia sviluppato in tutte le sue parti: produttive, logistiche, commerciali e comunicative. Un piano marketing adeguato è fondamentale.
- Conoscere meglio gli aspetti che riguardano la compensazione, per colmare quelle fasi produttive che non possono essere ottimizzate in termini ambientali ad esempio.
Le istituzioni inoltre, favoriscono il commercio di questi tipi di prodotti e le politiche di rinnovamento sostenibile, per fare ciò sono stati stanziati diversi fondi che consentono di modernizzare le procedure o avvalersi di consulenze specifiche a favore della sostenibilità e della compensazione.