PERCHÉ C’È BISOGNO DI UN PHARRELL WILLIAMS NELLA MODA
In effetti ce lo siamo un po’ chiesto tutti, quando, a più di un anno dalla scomparsa di Virgil abbiamo appreso che sarà Pharrell Williams il nuovo direttore creativo di Louis Vuitton.
Sarebbe interessante in effetti, capire meglio i motivi che hanno condotto la maison francese alla preferenza di Pharrell nei confronti di altri candidati, meno noti al grande pubblico, ma con forse più esperienza del settore alle spalle. Louis Vuitton associa l’immagine del personaggio, più che l’esperienza al proprio marchio, ma lo fa scegliendo un’artista consacrato. Di fatto sembra una scelta compiuta e studiata.
Ad ogni modo Pharrell, non è il solo “Famoso” ad essere coinvolto nella parte creativa di note aziende di moda. Anche Lady Gaga ha recentemente collaborato con Donatella Versace ad una capsule. Anche se ai tempi di Gianni, era lui a creare capi ad hoc per gli artisti musicali più famosi.
La moda è un settore capace di influenzare e lasciarsi ispirare da molteplici campi artistici, culturali ed avvenimenti sociali. Musica e moda infatti hanno in comune la narrazione di una società, entrambe si evolvono e raccontano i sogni e le speranze di generazioni, così ormai da decenni.
Come già detto, tra gli stilisti che seppero vestire le celebrità della musica con creatività e classe, ci fu Gianni Versace, al quale sono ancora oggi dedicate mostre che ripercorrono la sua carriera nel campo della moda, fino ad arrivare al Versace Awards, promosso dal canale musicale VH1.
Questa Iniziativa segna un cambio di direzione nel campo della comunicazione.
Infatti contribuì ad avviare un’inversione di tendenza che vedeva cantanti di successo diventare, a loro volta stilisti, mischiando le influenze artistiche. Fra i tanti da citare Gwen Stefani e Rihanna. Gwen Stefani in particolare, seppe distinguersi e attrarre il pubblico con gli abiti da lei firmati a marchio L.A.M.B. così come molti altri dopo di lei, Victoria Beckham e Jennifer Lopez.
Certamente è comprensibile che un cantante, grazie alla fama raggiunta, decida di generare un proprio marchio, con molte più chance di vendita grazie alla sua popolarità, trasferendo al pubblico che lo segue anche il proprio stile.
Il fenomeno al quale assistiamo oggi invece, è il coinvolgimento diretto di un cantante in un comparto specifico e dirigenziale della moda, quello della direzione creativa della linea uomo di Louis Vuitton, nel quale al di là dell’immagine di Pharrell Williams e del messaggio che denota, si mettono alla prova anche alle sue competenze.
Sembra molto importante l’alleanza tra un brand e una celebrità in termini comunicativi e commerciali. Di fatto Adidas aveva già siglato una partnership con Pharrell Williams, ma anche con Beyoncé e Kanye West allo scopo primario di conquistare la clientela nel segmento lifestyle e più in generale aumentare le vendite, soprattutto online.
Già in voga nell’Ottocento, il “celebrity marketing” è una forma di comunicazione che prevede l’uso della popolarità di un personaggio per la promozione di un prodotto o di un marchio. Negli ultimi anni, con l’avvento degli Infuencer, sono sempre più numerosi i brand che si affidano a volti noti a questo scopo.
PHARRELL WILLIAMS NON E’ UNO STILISTA MA UN DIRETTORE CREATIVO.
Ma torniamo al quesito iniziale: Perché c’è bisogno di un Pharrell Williams nella moda,
la sua fama lo precede a tal punto che, come sempre accade sugli argomenti diffusi sui social, la schiera degli haters è già ben nutrita.
In molti si stanno chiedendo, se oggi il direttore creativo debba ancora saper cucire o avere una formazione propriamente accademica?
A quel che dicono le vendite, sembra di no. Soprattutto perché gli esempi che lo confermano sono tanti e di successo, ma quello che senza dubbio un direttore creativo deve saper fare, è trasmettere una visione personale delle tendenze, conferire una direzione artistica verso cui portare il brand.
Pharrell, musicista e produttore di fama mondiale oltre che esperto di skincare, rappresenta una di quelle figure che insieme allo stesso Abloh, hanno plasmato una generazione, il cui impatto è stato innegabile. Indicato da Billboard come il più grande produttore del decennio 2000-2010: ha ottenuto tredici Grammy Award, sei Billboard Music Award e due BET Awards, oltre a due candidature ai Premio Oscar e una ai Golden Globe.
Già coinvolto da Louis Vuitton in collaborazioni precedenti come quella del 2004 e del 2008 con gli occhiali da sole e gioielli, lavorò sotto la direzione all’epoca di Marc Jacobs. Una collezione di occhiali ripresa successivamente dallo stesso Abloh. Nel 2014 lo troviamo anche in una Capsule Collection di Chanel, sotto la guida di Karl Lagerfeld per l’abbigliamento maschile ed in altre varie collaborazioni di accessori, fra cui sneakers per Adidas.
Sicuramente la vicinanza con Marc Jacobs, il primo rivoluzionario della Maison Vuitton e quella con Virgil Abloh, potrebbero aver influenzato positivamente Pharrell.
Potremmo dire che Louis Vuitton prima di Marc Jacobs, non ha mai avuto un passato fortemente legato alle tendenze moda. La prima rielaborazione in chiave contemporanea e giovane è da rintracciare soprattutto nel lavoro svolto da lui, dove street style, grunge e punk si fondono con il classico ed il lusso, stagione dopo stagione, mai in modo scontato. Virgil ha ampliato il lavoro iniziato da Marc a suo modo, ponendo nuove basi e indicando nuovi orizzonti legati alla sua realtà.
È proprio in questa idea di continuità che trova ragione la scelta e la speranza di casa Arnault.
Pharrell Williams, scelto al posto di presunte nomine come quella di Martine Rose e Wales Bonner, in qualche modo si rivela la scelta più facile; la scommessa che Louis Vuitton pone per continuare a rivolgersi ad un pubblico eterogeneo, in chiave multidisciplinare. Cioè un mix di idee e suggestioni che vanno al di là della moda stessa, in continuità con il percorso iniziato da Virgil Abloh.
Il direttore creativo è colui che dovrebbe carismaticamente trasmettere la propria visione, come abbiamo detto, ma anche supervisionare il lavoro degli stilisti e di tutti gli attori che costruiscono la collezione, dando loro gli spunti per la lettura necessaria all’ispirazione creativa. Dando per scontato che in questo Pharrell possa farcela, riuscirà ad avere il carisma necessario e l’esperienza per dirigere persone con più esperienza di lui?
Ciò che in molti creativi o futuri creativi oggi si chiedono, è dunque se sia necessaria la formazione, lo studio e il contributo esperienziale nella moda per diventare direttori creativi di un famoso brand o se la fama è il miglior deterrente in queste scelte.
MARKETING VS STORIA DI UN MARCHIO
Sembra proprio che prima o poi tutto cambi a patto che non si distrugga.
L’evoluzione di un marchio in base ai cambiamenti di una società è un passaggio naturale ed importante, ma non sempre è dettato da un’esigenza stilistica. A volte come abbiamo visto, stringere collaborazioni con personaggi famosi non è altro che un pretesto per far parlare di se.
Fino ad oggi questo meccanismo copriva un’esigenza di vendita sempre maggiore del mercato medio, (come dimostra Adidas), in grado insomma di convincere ed accontentare proprio tutti con la comunicazione più che con il prodotto. Discostandosi se necessario, dal vero concetto di moda e a volte di lusso che era legato originariamente al marchio. Sembra che il mercato del lusso cerchi di rivolgersi ad un pubblico sempre più giovane, che apprezza altri contenuti che poco hanno a che fare con il lusso in termini di qualità del prodotto, ma più orientati alla sua rappresentazione e al desiderio di emulazione.
Si predilige l’immagine delle cose più che il suo contenuto effettivo, l’immedesimazione in chi le indossa.
In questo senso c’è da ammettere che ciò accade in tutti i settori e le arti, per cui in effetti potremmo parlare di fenomeno sociale.
In sostanza vedremo con il tempo che tipo di scelta ha davvero fatto Louis Vuitton, se dettata da una prerogativa di comunicazione o se dal vero talento visionario di un artista di questo secolo.