Quando l’etichetta sostituisce l’eleganza

Quando l'etichetta sostituisce l'eleganza

Valentino, in un’intervista, definisce il concetto di eleganza e ne spiega il significato critico, il cui fondamento si basa sulla misura dell’ apparire e dei modi.
L’eleganza per Valentino, è l’esatto opposto dell’esaltazione del proprio stato sociale, è il non mostrare l’etichetta, rendendo la persona piacevole ai molti, senza che si identifichi in mezzo agli altri in base a un capo dichiaratamente costoso.

Quando l’etichetta sostituisce l’eleganza come motivazione di acquisto, si assiste ad una sostanziale perdita del contenuto stilistico e artistico che sta raccontando quel capo o creazione.

Parliamo di moda etica.

La moda è stata a lungo considerata un’espressione creativa, alla stregua di molti movimenti artistici ha parlato alle masse, con un modo di vestirsi ha raccontando la storia di un tempo. In quest’ottica il desiderio di acquisto si traduceva nel desiderio di esprimersi ed identificarsi, senza il bisogno di mostrare un’etichetta per farlo. Il contenuto creativo ed il messaggio sociale e comunicativo dunque, danzavano all’unisono, in una preferenza accessibile a chi ne sapeva leggere i segnali. L’eleganza sposa il concetto di moda etica, definendo che non è una questione di soldi, ma di gusto e raffinatezza nella scelta, senza la necessità di mostrare un’etichetta per sentirsi migliori o più ricchi.

Moda come forma di business

Con gli anni Ottanta si assiste ad una nuova primavera commerciale, dove il meccanismo finanziario trova terreno fertile nel fiorente settore della moda che vede in questi anni una maggiore espansione globale. A questo punto la moda non ha più solo una valenza di comunicazione e stile, si gioca con numeri più importanti e con il cambiamento della società occidentale, più abbiente, si creano nuovi stimoli all’acquisto. Lo status simbol per antonomasia in questo periodo è rappresentato dall’orologio, Rolex. Ecco che il nome non rappresenta più solo uno stile, ma uno stato sociale. Da qui il susseguirsi di una lunga serie di fenomeni pressoché simili, dove il marchio è più importante del prodotto. In una spersonalizzazione globale, dove la tendenza sembra essere la similitudine anziché l’unicità.

Dai fondi di investimento alle Commerciali

Con l’aumento della popolazione e di nuovi bisogni legati alla comunicazione si assiste anche al preponderante ingresso dei fondi di investimento in questo settore,  alle società sempre più internazionali ed alle Commerciali.

Si passa dalla gestione del creatore a quella dell’investitore. Questo cambiamento denota un passo successivo verso un prodotto più impoverito, che si spoglia nuovamente della cura emozionale del suo creatore per lasciare spazio ad altri presupposti di acquisto.

Il cambiamento del consumatore

Negli ultimi tempi si è parlato di eleganza, del fatto che da anni non esiste più come concetto proprio della moda. I rapper hanno rotto forse un incantesimo, celebrando la ricchezza come contenuto sociale, dalle canzoni alle passerelle. Motivando il pubblico a questo, all’identificazione con un modello sociale basato sul potere e sulla ricchezza come contenuto, una pericolosa connessione quasi studiata a tavolino in un ufficio marketing. La moda però è anche espressione di un epoca e con l’avvento dei social si assiste anche ad un nuovo consumatore, più curioso e meno legato all’esigenza di un acquisto che lo categorizzi.

Una nicchia in crescita soprattutto fra le nuove generazioni, più attente alla sostenibilità che alla promozione di un brand veicolato attraverso i propri indumenti.

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