Quanto ci costa spendere meno nella moda

quanto ci costa spendere meno nella moda

Basta digitare la parola calzature o borse nella query di Google per venire pervasi, già nella prima pagina dei risultati, da siti che offrono questi prodotti a prezzi bassissimi, spacciati spesso come articoli di moda.

Ma quanto ci costa spendere meno nella moda, davvero?

Spesso chi acquista questi prodotti on-line non ha una forte conoscenza del prodotto, è confuso dalla quantità di offerte e dal concetto di moda, spesso abusato. Ciò non consente all’acquirente di comprendere a pieno cosa rappresenta quella preferenza in un mare di calzature e borse proposte, si tratta insomma di una questione di comunicazione errata e disinformazione.

Per gli addetti ai lavori è facilmente intuibile che non è possibile acquistare questi beni a prezzi troppo bassi o ultra scontati, se non a scapito di qualità o ancora peggio di possibili sfruttamenti o sciacallaggi. Chi nella propria esperienza ha composto il prezzo di questi prodotti almeno una volta, conosce il costo dei passaggi di lavorazione, dei materiali e la facon che ne compongono il prezzo, per cui è ovvia una certa diffidenza.

Nella maggior parte dei casi questi prodotti a basso costo sono d’importazione estera, cioè provengono da paesi non sottoposti alle regole di politica europea in termini di welfare e politiche sociali, volte a tutelare i lavoratori nei paesi membri. Ne consegue quindi che a pagare quella differenza in risparmio di decine, centinaia o migliaia di euro, siamo proprio tutti. Certamente non in egual misura, ma sicuramente il risparmio ottenuto non colma lo sfruttamento di alcuni popoli, la perdita di migliaia di posti di lavoro e di contributi non versati.

Allora perché tutti questi prodotti sono piombati sul nostro mercato, entrando prepotentemente nei nostri telefoni, pc e infine nelle case? 

Sicuramente è complice un certa disinformazione mediatica dove si omettono molti aspetti delle provenienze, incoraggiata poi dalla diffusione di tali prodotti sulle piattaforme social che, come ormai risaputo, seguono la famosa profilazione degli interessi. Per intendersi, aprite quel contenuto sponsorizzato e vedrete gli stessi prodotti per circa un anno sulla vostra bacheca. Con questo meccanismo di propaganda e sfinimento è davvero difficile competere o anche proteggersi, basti guardare il successo di Shein nonostante le ultime inchieste sullo sfruttamento dei lavoratori.

Ovviamente il prezzo basso non è la sola ragione a condurre beni di dubbia origine o semplicemente beni inutili nelle nostre case.

  • Offerta limitata e impoverimento dello stile

Il cane che si morde la coda è un po’ quello che viene in mente se si pensa alla situazione del mercato di fascia media di oggi. Nel quale non è generalmente possibile, senza qualche rinuncia, acquistare scarpe o borse Made in Italy di alta qualità, che si fa fatica anche a trovarli. Questo perché a causa della concorrenza senza freni, i piccoli marchi produttori di borse o calzature che erano alla base del nostro DNA in fatto di moda, hanno smesso di esistere o sono stati decimati. Per cui diventa sempre più necessario acquistare prodotti esteri o cercarli on-line, con un conseguente impoverimento stilistico e qualitativo dei prodotti reperibili, incapaci di creare emozione nell’acquisto.

Molte sono le imprese che  negli ultimi 20 anni hanno dovuto cessare la propria attività a causa dei prezzi non più concorrenziali rispetto ai produttori esteri, ma senza i quali oggi non esisterebbero prodotti di fascia media sul mercato, anzi medio alta, poiché le commerciali hanno soppiantato le fabbriche, con il risultato di un ulteriore aumento del prezzo. Questo ultimo aspetto costituisce il vero circolo vizioso nel quale, nel tentativo di contenere i prezzi ad esempio, l’Italia è strettamente legata alla Cina, nel mercato medio e non solo.

In questo circolo vizioso infatti rischiano di caderci anche alcuni brand del lusso internazionale che delegano troppi aspetti ad appaltatori esterni, ecco perché sono molti i marchi del lusso che hanno deciso di aprire i propri stabilimenti produttivi. Ciò sottoporrà molte aziende italiane che lavorano conto terzi ad un’ulteriore prova di resistenza.

  • Il meccanismo incontrovertibile della comunicazione di oggi.

Cheap and Chic, collaborazioni di stilisti famosi con grandi catene di magazzini pronto-moda (che non hanno nulla a che vedere con la moda perché appunto, è pronto-moda). Cantanti e testimonial pagati per promuovere qualsiasi cosa purché se ne parli e venda. Black Friday, Black Monday, sottocosto, vendite speciali sui social; insegnano che tutti si possono permettere tutto, tanto non c’è differenza per molti che non conoscono il valore del lusso, diseducando il pubblico al vero concetto di moda e di lusso.

Giorgio Armani, in effetti ci insegna a saper riconoscere il valore del lusso quando spiega che richiede tempo, per essere raggiunto e apprezzato, lo fa con una lettera alla moda. In effetti oggi si è disposti a pagare moltissimo per prodotti scadenti e banali, privi di contenuti di vera ricerca, ma comunque “di marca”. Sarà anche per questo, nella facile replicazione, che il made in China è così forte? La domanda che alcuni si fanno è perché non risparmiare.

Questa pessima comunicazione e la banalizzazione del prodotto confondono il pubblico sul valore effettivo delle cose, delegando alla sola azione di shopping la propria felicità.

  • Acquisto compulsivo e il risparmio.

Centinaia di metri quadri di scarpe e borse, tipico odore di plastica e la medesima parola che riecheggia ovunque, quella che ormai risiede quotidianamente nelle nostre coscienze, il “risparmio”, figlio di quella crisi tanto celebrata in Tv e mai finita, nato per salvarci dal tracollo. Promette di renderci falsamente soddisfatti di un acquisto, magari con due al prezzo di uno, che forse però non serviva e andrà riciclato, se si può, (perché è bene precisare che molti prodotti provenienti dall’estero non sono realizzati con gli stessi criteri di sostenibilità europei e che ovviamente hanno dei costi diversi). Nonostante ciò la presenza in questi grandi magazzini sembra quasi abbia sostituito quella delle gite nei parchi e nei musei.

Tutto ciò appare davvero poco sano eppure nessuno si scandalizza se zia Teresa questa settimana ha ricevuto 5 diversi pacchi da Amazon e ha buttato via 10 kg di spazzatura la scorsa settimana. Soprattutto zia Teresa potrebbe essere una persona che colma le proprie frustrazioni con l’acquisto compulsivo su internet, lei però all’inizio voleva solo una borsa, come è potuta finire così?

Quanto ci costa spendere meno nella moda

Le cose che possiedi alla fine ti possiedono, recitava Tyler Durden, interpretato da Brad Pitt, durante il dialogo con Edward Norton, nei panni di Jack nel film Fight Club del 1999. Tyler Durden, con questa frase enfatizza sul fatto che noi tutti siamo dei consumatori e viviamo le nostre giornate con il bisogno di acquistare beni futili allo scopo di soddisfare le nostre esigenze inespresse. Mentre noi crediamo di essere consapevoli di comprare un determinato prodotto per soddisfare un determinato bisogno, la verità è che in noi si insinua l’idea che sia necessario avere quel bene, quando in realtà sappiamo che non é così fondamentale, in una sorta di falso appagamento temporaneo.

Di fatto Tyler, dopo più di vent’anni ci mette di fronte alla realtà dei fatti, alla fine in qualche modo, quelle cose ci hanno posseduto.

Effettivamente non ce ne rendiamo conto, ma quando pensiamo di esercitare una scelta non ci sembra di essere condizionati in alcun modo, eppure dopo diverso tempo possiamo intuire che a volte diventiamo dipendenti dalla scelta compiuta, suggerita, incalzata sul web. Ripensando alla domanda iniziale, quanto ci costa spendere meno nella moda, viene da chiedersi come quantificare il peso psicologico su ognuno di noi dopo più di 20 anni di consumismo.

Acquisto consapevole e sostenibilità.

Riflettere sul valore effettivo di ciò che stiamo acquistando, considerando che dietro c’è una filiera, conoscere approfonditamente gli strumenti ed i canali che utilizziamo per fare acquisti, i pregi ed i limiti di determinate tipologie di shopping, sicuramente possono contribuire ad un’acquisto più consapevole. In generale acquistare Made in Italy anche se in quantità minore, significa aiutare i piccoli marchi produttori ad emergere.

Oltre a ciò sarebbe importante saperne di più sui prodotti che acquistiamo, molte delle migliori piattaforme di shopping on-line offrono delle dettagliate didascalie, questo è anche sinonimo di serietà da parte del venditore. E’ importante tenere a mente almeno alcuni aspetti basilari:

  • Provenienza,
  • Composizione,
  • Pittogrammi che ne attestino l’autenticità.

Queste informazioni ci dicono già molto, aiutandoci nella scelta del prodotto. Guardare un prodotto chiedendosi prima di acquistarlo da dove provenga o con cosa sia fatto, ci consentirà inoltre di percepire lo shopping in modo diverso, non solo come anti-stress, ci porrà dei quesiti: quanto costa il risparmio in termini umani?  Ho davvero bisogno di questo prodotto?

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